Se mi chiami per nome mi sveglio, cosa ci accade quando dormiamo

APPOGGIARE la testa sul cuscino, chiudere gli occhi e iniziare a studiare. Imparare dormendo è il sogno – è proprio il caso di dirlo- di ogni studente. Molti hanno tentato ma, a quanto pare, ascoltare durante la notte una registrazione della lezione non ci permette di ricordare un granché. Eppure a moltissimi capita di essere svegliati da un sonno profondo perché qualcuno ha menzionato il nostro nome mentre parlava o di svegliarci proprio nel momento in cui viene annunciato il nome della nostra stazione mentre viaggiamo. Dunque ascoltiamo nel sonno pur senza trattenere le informazioni? Se lo sono chiesto i ricercatori della Scuola Normale superiore di Parigi e della Monash university, a Melbourne, Australia che hanno pubblicato i risultati su Nature human development. Gli studiosi hanno osservato che, anche durante il sonno, il nostro cervello è in grado di trascurare i rumori di fondo e isolare gli stimoli più importanti ed, eventualmente, reagire di conseguenza.

IL CERVELLO ATTIVO
Anche mentre dormiamo il nostro cervello non è del tutto inattivo. “In un ambiente in rapida evoluzione l’abilità di processare segnali rilevanti durante il sonno, offre un beneficio sostanziale. – affermano gli autori della ricerca – In particolare, permette di rendersi conto di eventi che necessitano una risposta rapida e quindi di svegliarsi immediatamente”. È anche per questo che, per svegliare velocemente qualcuno, il modo migliore è chiamarlo per nome. Durante il sonno il cervello resta recettivo ma alza una barriera contro i “rumori di fondo”, quelli che non interessano, filtrandoli e dando rilevanza solo alle informazioni importanti. “Le persone addormentate entrano in una stand by mode, in cui si continua a tenere traccia dei segnali rilevanti, mantenendo l’equilibrio tra la necessità di restare addormentati per consolidare la memoria e l’abilità di svegliarsi immediatamente nel momento di necessità” sostengono i ricercatori.

 LA RICERCA
I questo studio i ricercatori hanno simulato una tipica situazione della vita reale, uno scenario chiamato cocktail party. Quando ci troviamo in una stanza affollata, con molte persone che parlano tra loro tutte nello stesso momento, come accade a una festa, siamo in grado di schermare le conversazioni che non ci interessano e concentrarci solo su quella con la persona davanti a noi. Dal punto di vista cerebrale questo sforzo può essere rilevato tramite un elettroencefalogramma. Nell’esperimento si è cercato di ricreare le stesse condizioni facendo ascoltare ai soggetti addormentati, nello stesso istante, tracce audio di senso compiuto (spezzoni di film, news o racconti) e tracce di parlato senza senso, composti da parole inventate con le stesse sonorità della lingua parlata dai volontari (il francese).

In questo modo gli autori hanno potuto osservare che durante il sonno le persone sottoposte all’esperimento riuscivano a concentrarsi sul segnale “sensato” quasi con la stessa intensità di quanto accade da svegli. Attraverso un’analisi più approfondita i ricercatori sono stati in grado di distinguere i diversi livelli di attenzione per le due principali fasi del sonno. Durante il sonno profondo, la fase Rem, le persone non mostravano quasi nessuna capacità di individuare uno stimolo interessante tra gli altri. Durante la fase di sonno leggero, che occupa la maggior parte del tempo che passiamo dormendo, invece, il segnale interessante era estremamente amplificato.

IMPARARE DORMENDO, L’IPNOPEDIA
Nonostante questo, la ipnopedia, la possibilità di apprendere nel sonno, resta fantascienza. Teorizzata e cercata, è stata smentita più volte sia negli uomini che negli animali. In uno studio precedente era già stato osservato come, da addormentati, non siamo in grado di riconoscere le somiglianze tra suoni in sequenza e non riusciamo a raggrupparli in categorie. Da questo i ricercatori avevano dedotto che pur percependo il segnale, non siamo capaci di processarlo, in un certo senso, capirlo. Altre ricerche hanno dimostrato che chi sosteneva di aver realmente memorizzato il contenuto di una traccia audio ascoltata durante il sonno, in realtà era rimasto tecnicamente sveglio durante tutta la durata della traccia. Nel più recente studio pubblicato su Nature è stato valutato anche quanto a lungo i soggetti addormentati riuscissero a concentrarsi sul contenuto audio. Secondo i ricercatori la concentrazione può essere mantenuta solo per pochi secondi, meno di 30. In sostanza l’attenzione ai contenuti riconosciuti come importati, durante il sonno, è solo temporanea.

Fonte: La Repubblica

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